Dedicato a Giovanni e Andrea Angelini, autori di numerose ricerche sulla storia della metallurgia in Val di Zoldo, il Museo del Ferro e del Chiodo è allestito presso le sale dell’antico palazzo del Capitaniato.
Fino alla caduta della Repubblica di Venezia l’edificio fu sede del capitanio, ovvero del rappresentante della Serenissima sul territorio zoldano, delegato in particolare all’amministrazione dell’ordine pubblico e alla cura delle pratiche militari.
Nel 1480 si stabilì di “fabricare una loggia” a uso del capitanio, alla cui erezione la città di Belluno contribuì con cento ducati.
Nel 1589 il capoluogo corrispose ulteriori denari per “ristaurare” il fabbricato ma, in seguito, si decise di edificare un nuovo manufatto “in altra situazione più alta dal Maè”, quella tuttora esistente presso la chiesa di San Francesco.
Il percorso espositivo, articolato in sezioni tematiche, documenta le attività minerarie e metallurgiche che hanno contraddistinto l’economia storica della vallata, indagando, in particolare, i decenni tra Ottocento e Novecento, periodo in cui la produzione dei fabbri ferrai locali divenne tanto rilevante da assumere caratteri di tipo industriale.
Immagini fotografiche, disegni, riproduzioni di documenti d’archivio illustrano le fasi di estrazione, fusione e trasformazione dei minerali in metalli, offrendo al contempo uno spaccato dei luoghi di lavoro e della vita delle maestranze.
Utensili in ferro, chiodi, brocche da scarpe attestano la perizia di un fare che fu conosciuto in tutto il territorio veneto.
La sezione conclusiva della mostra è dedicata al commercio dei prodotti della metallurgia zoldana esercitato, fin da tempi remoti, a dorso di mulo, lungo il Canale del Maè.
Prospiciente al Museo del Ferro e del Chiodo ed alla Piazza di Forno è la chiesetta di San Francesco.